Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque suo elemento acconsenti all'uso dei cookie.

Cloud Atlas - Recensione

10/01/2013 | Recensioni |
Cloud Atlas - Recensione

Tante storie in una sola, tra fantascienza, azione e amore nel segno unificante dell’umanità, considerata in tutte le sue sfaccettature (positive e negative), in ogni spazio e tempo.
Basato su una complessa architettura narrativa, “Cloud Atlas” è l’adattamento cinematografico del romanzo di David Mitchell, realizzato sul grande schermo da Tom Tykwer e dai famigerati fratelli Wachowski, creatori della rivoluzionaria trilogia di “Matrix”.

Sei storie che scardinano tempo e spazio, ricollegandosi tra loro in una spirale di continui rimandi. Nel 1849 Adam Ewing (Jim Sturgess), giovane avvocato di San Francisco, recatosi in un’isola del Pacifico per affari, stringe, durante il viaggio di ritorno a casa, un profondo legame d’amicizia con lo schiavo Autua (David Gyasi). Nel 1936 il talentuoso compositore Robert Frobisher (Ben Whishaw), diseredato dal padre, si congeda dal suo amante, Rufus Sixsmith (James D’Arcy), e parte per la Scozia dove diventa apprendista dell’anziano compositore Vyvyan Ayrs (Jim Broadbent). Nel 1973 Luisa Rey (Halle Berry) è una giornalista di San Francisco che scopre un grave caso di corruzione fra i dirigenti di una centrale nucleare. Nel 2012 l’attore Jim Broadbent ritorna nei panni di Timothy Cavendish, un editore soggiogato dalla vendetta del fratello (Hugh Grant) e rinchiuso in una casa di cura per anziani. Nel 2144 la realtà futurista viene riprodotta nella città di Neo Seoul, pervasa da cloni, tra cui Somni 451 (Zhou Xun), e scenario di un’ emozionante storia d’amore. Non manca la vicenda apocalittica: nel 2321 e 2346 l’estinzione dell’umanità è vicina e l’uomo, tornato ad una sorta di preistoria, vive alla giornata tramite gli occhi e il volto di Tom Hanks nei panni del rozzo capraio, Zachry.

Un mosaico di storie in cui inizialmente non è facile orientarsi (sarebbe infatti consigliabile rivedere il film una seconda volta per cogliere al meglio la griglia di trame e personaggi), ma in cui lo spettatore riesce ugualmente ad emozionarsi (in senso soggettivo) di fronte alle situazioni e ai personaggi che più lo toccano e coinvolgono emotivamente. Intima e profonda la storia d’amore tra Somni – 451 (Zhou Xun) e Hae – Joo Chang (Jim Sturgess); divertente e comica la fuga di Timothy Cavendish (Jim Broadbent) dall’ospizio; entusiasmanti le scene d’azione ambientate nella “Nuova” Seoul. Soprattutto da queste ultime, ricche di effetti speciali, si schiudono gli echi graditi e nostalgici di “Matrix”, ricordato nelle diverse storie anche dalla presenza dell’affezionato cattivo: l’attore Hugo Weaving.
  
I fili conduttori, in un film che gira continuamente su se stesso, sono simboli (tra alcuni, la voglia a forma di cometa e la composizione musicale, “Il sestetto Atlante delle Nuvole”, che dà il titolo al film e composta dallo stesso regista Tykwer), intramontabili icone del panorama cinematografico (Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugh Grant e Susan Sarandon, che, come anime che nascono, muoiono e si reincarnano, ricorrono in diversi ruoli nelle diverse epoche) e registi/sceneggiatori abili, che, nella sapiente e non facile sceneggiatura e alternanza di montaggio, unificano tre ore di film sotto un unico stile. Al centro di questo universo c’è il nodo, da cui le storie prendono vita: l’uomo con azioni, sentimenti e tematiche che ricorrono sempre e ovunque (dalla schiavitù alla libertà, dall’avidità e la violenza all’amore eterno, dalla vita e la morte alla reincarnazione).

Per la complessità narrativa, “Cloud Atlas” risulta essere un’impresa titanica e pretenziosa con il probabile scopo di creare, come degna erede di “Matrix”, una pellicola epica e spettacolare. O questo, forse, è solo quello che il pubblico si aspetta, visto l’alto termine di paragone a cui i fratelli Wachowski ci hanno abituati in passato. Il risultato è un film che, nonostante la contenuta epicità e spettacolarità, non delude le aspettative, anzi, viene proprio apprezzato per la professionalità e bravura, impiegate dietro e davanti la macchina da presa, e le intime emozioni trasmesse.  

Elisa Cuozzo

 


Facebook  Twitter  Invia ad un amico  Condividi su OK Notizie 
 

Notizie in evidenza

Collabora con Voto 10
Seguici su Facebook Seguici su Google Plus Seguici su Twitter
Seguici su YouTube Registrati alla nostra Community Abbonati al nostro feed rss

I CINEMA DELLA TUA PROVINCIA

Advertising   Chi siamo   Collabora con Noi   Cookie Policy   Privacy   Termini e Condizioni d'Uso   Web TV  
 
Cerca
powered by Roma Virtuale :: Web Agency